martedì 2 aprile 2013

ISLAMOFOBIA ISTITUZIONALE IN BELGIO.


ISLAMOFOBIA ISTITUZIONALE IN BELGIO.


Martedì 02/04/2013

Dal sito d'informazione http://www.ajib.fr apprendiamo con grande rammarico dell'ennesimo episodio islamofobo ai danni di una donna musulmana in Belgio.
Le notizie di sorelle soprattutto europee vittime delle vessazioni e della violenza istituzionale in Belgio e Francia costellano ormai da anni le testate giornalistiche soprattutto telematiche degli ultimi tempi.
Adesso è toccato alla sorella Brigitte Graziano, cittadina italiana, nata in Belgio, e coniugata con un cittadino belga di fede musulmana.

L'ironia della sorte questa volta ha voluto che la vittima di stato apparisse tale anche ai media.

Infatti nelle parole del magistrato preposto all'istanza di richiesta di cittadinanza di Brigitte Graziano leggiamo questa giustificazione ai media: “... gravi problemi al processo d'integrazione pone l'appartenenza ad un'altra cultura”.
Prosegue poi il magistrato:” I suoi contatti con i belgi sono ormai divenuti nulli, ella è in aperto conflitto con i suoi vicini e, le forze di polizia devono intervenire regolarmente”.

In barba ad ogni laicità costituzionale del “Diritto Internazionale”, avocato a giudice a destra e a manca, quando ci vuole e quando non ci vuole, una dichiarazione del genere presuppone implicitamente che con “il diverso non si può convivere”.,
Di diverso avviso, in questo specifico caso sono i mass-media, che dichiarano non avere riscontrato nella donna alcun segno di “integralismo-estremismo”, sbugiardando il magistrato stesso.

Infatti, riportano le parole della sorella Brigitte Graziano la quale dichiara ai giornalisti: ”A seguito di un intervento alla gamba non riuscito, ne ho perduto l'uso, questo mi obbliga ad andare in sedia a rotelle. E' vero che i rapporti non sono sempre semplici ma questo non mi ha impedito di avere una vita sociale quasi normale: i miei figli sono scolarizzati, partecipo alle riunioni scolastiche dei genitori. Mia figlia minore frequenta una palestra di karate e la seguo nelle competizioni. Non ho conflitti con nessuno (…) Quanto alla frase “modo di vivere di mio marito”, che possiede tra l'altro la cittadinanza belga, “ io, ho paura di comprendere ciò che questo concetto vuole significare.”

Verrebbe da chiedersi seriamente perché in questa situazione un magistrato ponga la questione in termini che apparirebbero menzogneri e perché?
E poi vorremmo in quanto musulmani chiedere alle istituzioni, per il 90%  coadiuvate da campagne mediatiche calunniose e infamanti, quanto in paesi devastati dalla crisi economiche e dallo strozzinaggio delle banche sia utile creare problemi di sicurezza gravi incrementando e foraggiando l'islamofobia. E quanto invece una pacifica coabitazione favorirebbe un miglioramento sociale a 360°.
In fondo è ormai chiaro, e parecchio tempo,  che parole come “integrazione” ed “emancipazione della donna musulmana” implicitamente sottintendono rinuncia all'Islam e adozione di forme di vita talvolta semplicemente estranee e diverse, talaltra decisamente improponibili a coloro che “raccomandano il bene e proibiscono il male”.


Aaminah Ricotta

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