Lettera dell'Avvocato Luca Bauccio ai Direttori di giornale e all'Ordine Nazionale dei Giornalisti contro l'uso indebito e persecutorio del termino "islamico" per definire criminali, piste, moventi e cause nella strage di Boston.
16/04/2013
L'avvocato Luca Bauccio si è fatto promotore di un' iniziativa che ha lo scopo di contrastare l'uso indebito e persecutorio del termine "islamico"
per definire criminali, piste, moventi e cause nell'attentato alla maratona di Boston. L'iniziativa prevede l'invio di una lettera di protesta ai Direttori di giornale e all'Ordine Nazionale dei
Giornalisti
Ecco il testo della lettera, che è possibile consultare anche nella pagina personale facebook dell'avvocato Luca Bauccio
Egregio Direttore,
su alcuni
quotidiani quest’oggi abbiamo constatato che – ancora una volta – viene
usato l’aggettivo islamico per connotare una probabile pista della
terribile strage.
Chi scrive, musulmani, cattolici, non credenti e
credenti in altro, ritiene che tale uso sia oramai intollerabile,
inutile, sovrabbondante.
Non escludiamo, naturalmente, che persone
di religione musulmana possano compiere atti violenti. E neppure
escludiamo che possano farlo accampando una presunta matrice religiosa.
Ciò che non accettiamo è che si debba etichettare una matrice
terroristica con l’aggettivo “islamico”, qualunque sia l’autodefinizione
che i criminali danno di se stessi e qualunque siano le ipotesi, le
congetture e le visioni che si possono avere su un fatto criminale.
Un fatto criminale al quale i musulmani (o “gli islamici” come è moda
definire i credenti musulmani) sono estranei e dal quale sono
orribilmente impressionati, al pari di ogni strage che sulla terra si
compie contro la vita e contro la libertà degli esseri umani.
Egregio Direttore, non dubitiamo che Lei comprenderà bene – da
professionista dell’informazione - quanti danni possa provocare
l’utilizzo nel linguaggio comune e giornalistico del termine “islamico”
associato ad una strage e a degli stragisti. Nessuna cultura, nessuna
minoranza, nessuna persona pur animata dalla migliore delle condotte e
delle intenzioni potrà resistervi, senza essere in breve travolta dalle
suggestioni e dalla inimicizia che tale indebita associazione provoca.
Ma i musulmani d’Italia vogliono vivere liberi dal sospetto, vogliono
vivere in armonia con la società che sentono loro e che è loro.
I
musulmani d’Italia e noi tutti chiediamo che il linguaggio dei giornali
per primo si liberi da una semplificazione che fa torto alla realtà e
che offende nel profondo i credenti musulmani, il loro statuto
religioso, l’integrità del loro ruolo sociale, la loro sensibilità di
credenti e di essere umani.
Egregio Direttore, ciò che Le
chiediamo, in forza del vincolo di lealtà e onestà che lega ogni
giornalista al lettore e al suo nobile compito di informare è solo
questo: di chiamare le cose con il loro nome e quindi di eliminare le
espressioni che contemplino l’uso dell’aggettivo “islamico” a
definizione di una strage, di un crimine, di un atto barbaro che non
appartiene all’Islam e neppure agli islamici.
L’unica pista
islamica che ogni credente islamico conosce è quella che porta al Bene e
a Dio, non all’orrore del sangue innocente.
Milano lì 16 aprile 2012
Lo Staff
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