martedì 13 agosto 2013

L’ambasciatore USA nello Yemen: il nuovo dittatore

L’ambasciatore USA nello Yemen: il nuovo dittatore

13/08/2013

La debolezza e la frammentazione dei gruppi politici nel paese permette all’ambasciatore americano di tirare le fila della politica yemenita – scrive il giornalista Jamal Jubran

Sanaa – Sua Eccellenza l’Ambasciatore degli Stati Uniti, Gerald Feierstein, arriva alla residenza dell’ambasciatore italiano in occasione di un ricevimento per una festa nazionale italiana. Entrando con un’espressione accigliata e noncurante degli altri ospiti, si dirige verso un angolo remoto del giardino, con un bicchiere di vino rosso in mano. Dopo qualche istante, alcuni alti funzionari yemeniti si precipitano da lui, ciascuno desideroso di discutere un problema che l’ambasciatore sta affrontando nella gestione del rispettivo dipartimento.

La scena è la riproduzione in scala di come lo Yemen si stia trasformando sotto l’amministrazione fiduciaria imposta al paese da quando è stata raggiunta una “soluzione consensuale” alla crisi politica. Ciò ha portato sia all’allontanamento del Presidente Ali Abdallah Saleh, sulla base della cosiddetta “iniziativa del Golfo”, sia a una dura linea adottata dietro la facciata della rivoluzione guidata dalla gioventù yemenita.

Lo stesso Ambasciatore americano è apparso sugli schermi della televisione yemenita in un’intervista con il canale di Stato, dichiarando che “non autorizzeremo” il rilascio del giornalista detenuto Abdel Ilah Shaeh, condannato a cinque anni di reclusione per aver denunciato l’uccisione di 35 donne e bambini, causata dall’attacco di un drone americano nel dicembre 2009. Feierstein ha spiegato che Shaeh avrebbe stretti legami con al-Qaeda, rappresentando una minaccia per la sicurezza degli Stati Uniti.

Perciò, Feierstein ha revocato per la seconda volta la grazia che il giornalista aveva ottenuto da Saleh prima dello scoppio della rivoluzione lo scorso anno. (Nel primo caso, una breve telefonata del Presidente americano Barack Obama era stata sufficiente per far accantonare a Saleh l’idea di graziare Shaeh, lasciandolo dietro le sbarre.)

Ma gli Stati Uniti e i suoi rappresentanti non si limitano a questo. Quando i giornalisti yemeniti hanno marciato verso l’ambasciata americana, in segno di protesta contro le dichiarazioni rilasciate dall’ambasciatore riguardo al loro collega detenuto, hanno visto dei veicoli usati per il trasferimento dei prigionieri entrare nel complesso dell’ambasciata. Si è poi appreso che quei mezzi trasportano dalla vicina prigione centrale i sospetti terroristi che vengono interrogati nell’ambasciata sotto la supervisione degli esperti di terrorismo dell’FBI.

Il livello dell’ingerenza americana è stato ulteriormente evidenziato dalla pubblicazione, su siti web locali e stranieri, di lettere trapelate di Feierstein, che erano indirizzate al Ministro degli Interni yemenita, Abdul Qadir Qahtan. Esse contengono l’ordine di effettuare certi cambi di personale, descritti come necessari per costruire la pace nel paese. Non ci sono dubbi che Feierstein abbia assunto di fatto un “ruolo di governo” nello Yemen, spingendo in direzione del compimento di alcuni passi avanti, ma solo nella maniera da lui ritenuta adeguata, affinché non siano in conflitto con la politica statunitense nello Yemen.

Accompagnato dall’amministratore di USAID (l’Agenzia per lo Sviluppo Internazionale degli Stati Uniti), Feierstein non ha avuto scrupoli a far visita alla cittadina di Zinjibar, nella provincia di Abyan, per ispezionare le condizioni della città dopo che l’esercito yemenita era riuscito a espellere le forze di Ansar al-Sharia. Il gruppo, affiliato ad al-Qaeda, controllava la regione da quasi un anno, imponendo la propria versione della sharia e delle pene coraniche. Ci sono state tiepide proteste, riguardo alla natura non diplomatica della visita, da parte di alcuni gruppi politici del Paese, ma nessuna aperta condanna.

Nessuno fa delle obiezioni. Tutti i funzionari in questione sono arrivati a considerare le ingerenze di Feierstein, e l’indubbio stato di assoggettamento yemenita, come un dato di fatto.

L’analista Qaderi Ahmad Haidar ha affermato che lo Stato yemenita è realmente caduto sotto un’effettiva amministrazione fiduciaria, e ne ha attribuito la colpa all’iniziativa del Golfo e ai meccanismi che sono stati approvati per metterla in atto. “È un’immagine deplorevole e dolorosa da vedere oggi”, ha dichiarato ad al-Akhbar. “Non ci aspettavamo che la nobile rivoluzione della gioventù yemenita potesse finire in questa maniera”.

I pronunciamenti dell’ambasciatore americano sono incessanti, e ignorano le basilari norme diplomatiche che regolano i rapporti tra due Stati. Feierstein appare costantemente sui media per discutere, spiegare e chiarire diversi aspetti riguardanti gli affari quotidiani dello Yemen, come se fosse il presidente non dichiarato del Paese.

Durante una recente apparizione ha dichiarato: “Siamo nella seconda fase dell’iniziativa del Golfo… ho incontrato il presidente ieri… riteniamo che tutti debbano partecipare al Dialogo Nazionale… il Presidente Obama ha emanato un ordine esecutivo che ci autorizza a punire singole persone o gruppi che ostacolano l’applicazione dell’accordo (l’iniziativa del Golfo)… stiamo lavorando per ristrutturare l’esercito e le forze di sicurezza… siamo soddisfatti di quanto abbiamo raggiunto finora… siamo sulla giusta strada”.

L’utilizzo della prima persona per discutere gli affari yemeniti è apparso emblematico a Muhammad Ayesh, direttore del giornale indipendente al-Awwali. Feierstein sembra farlo, non solo per proporsi come “governatore” dello Yemen, ma anche come leader innalzato da una rivoluzione di rinnovamento ai più alti livelli dello Stato. “Le classi politiche e militari hanno consegnato, in toto, gli affari dello Stato alle potenze mondiali, e poi si sono occupati delle loro guerre intestine”, sottolinea Ayesh. L’analista ha osservato che, senza l’intercessione dell’ambasciatore statunitense, le fazioni del Paese sono state incapaci di raggiungere un accordo per sgomberare le barricate ed evacuare le forze armate dalle principali città.

Il giornalista e analista politico Mansour Hael riconosce che la debolezza e la frammentazione dei gruppi politici nello Yemen sono i principali responsabili del fatto che l’ambasciatore statunitense sia diventato “il capo delle operazioni politiche e di sicurezza”. Tali gruppi gli hanno conferito il diritto dell’ultima parola su molteplici questioni interne.

“Gli yemeniti sono ormai dominati da una situazione di divisione, sia orizzontale che verticale. Il Governo di unità nazionale è diviso, e non c’è coesione tra le organizzazioni della società civile e i partiti politici”, afferma Hael, direttore del giornale al-Tajammu. “Ecco cosa permette all’ambasciatore americano di tirare le fila della politica nello Yemen”.

Jamal Jubran

(Traduzione di Omar Bonetti per medarabnews)

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