La sera del mio arrivo in quella
sezione, sono stato chiamato per la prima sessione di interrogatorio.
Sono stato torturato nella “ruota” (al dulab) e percosso con un grosso bastone di legno su tutto il corpo.
L’agente mi accusava di “possesso di
armi” e sono stato battuto per quasi tre ore per confessare, ma non ho
mai ammesso niente, perché non avevo mai avuto un’arma .
Due carcerieri mi colpivano a turno
mentre mi interrogavano. Uno veniva chiamato “il biondo”, l’altro invece
“il lungo” e l’uomo che mi interrogava era conosciuto come “Abu’l nar” (Padre del fuoco), uno dei più brutali della sezione.
Il giorno dopo sono stato convocato
per un altro interrogatorio. Mi hanno legato le mani dietro la schiena
con una catena di metallo, l’hanno legata al soffitto e mi hanno sospeso
a tal punto che con i piedi a malapena toccavo il pavimento - il metodo dello shabah.
Mi hanno tolto i vestiti, tranne la biancheria intima e mi hanno
picchiato con un bastone di legno di circa 5 cm di diametro per tre ore,
e versato acqua fredda addosso anche se faceva freddo. (…)
Sono stato interrogato per la terza
volta il 16 aprile quando gli ufficiali della sezione avevano fatto
irruzione in casa mia e portato via il computer su cui stavo lavorando.
(…)
Dopo di che sono stato convocato per essere interrogato altre 13 volte. Ma mi hanno interrogato solo una volta. Le altre volte lo facevano per divertimento, perché non mi hanno mai fatto domande, mi hanno torturato e basta”.
Dopo di che sono stato convocato per essere interrogato altre 13 volte. Ma mi hanno interrogato solo una volta. Le altre volte lo facevano per divertimento, perché non mi hanno mai fatto domande, mi hanno torturato e basta”.
Chi racconta è Muaz Abd al Rahman, nato
nel 1997. Età: 16 anni. È stato arrestato il 2 aprile scorso mentre
passeggiava per le strade di Hama, la sua città, con un amico ed è stato
liberato il 6 agosto 2013 .
Durante la prigionia Muaz ha cambiato
diversi centri di detenzione, ha subito ogni tipo di percosse e torture e
infine è stato portato di fronte al Tribunale per il terrorismo. Nella
sezione 215 delle mukhabarat militari di Damasco ha dovuto
subire anche le vessazioni degli altri detenuti: coloro che sono
presenti da più tempo, infatti, spesso picchiano gli altri carcerati, in
cambio di un po’ più spazio per dormire e di cibo migliore concesso dai
carcerieri.
La storia di Muaz con tutti i dettagli e
le sue foto strazianti è stata raccolta dal Centro di documentazione
delle violazioni in Siria (Vdc) e diffusa in questi giorni tramite un rapporto
dell’organizzazione che monitora i crimini commessi nel Paese da oltre
due anni. Se è vero che la maggioranza dei detenuti in Siria è
costituita da uomini adulti, donne e ragazzi non sono stati risparmiati.
In particolare il Vdc ha registrato tra gli arrestati 997 ragazzi e 38
ragazze. Sono stati documentati anche 75 casi di esecuzioni di minori o
di torture che hanno portato alla loro morte all’interno delle carceri
del regime.
Dopo quattro mesi dall’arresto Muaz Abd al Rahman è stato liberato “per mancanza di prove del reato”.
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