Mentre a Varese, ultima roccaforte di una Lega Nord in disfacimento, l’amministrazione comunale nega la moschea ai musulmani, il Tar della Lombardia ha accolto il ricorso della comunità islamica di Sesto Calende, paesotto (sempre a guida leghista) incastonato tra il Lago Maggiore e il fiume Ticino.
È stata pubblicata in questi giorni la sentenza che dà ragione all’associazione Comunità Islamica Ticinese, imponendo all’amministrazione guidata dal sindaco Marco Colombo di individuare sul proprio territorio un’area da adibire a luogo di culto per i musulmani.
La disputa è iniziata nel periodo a cavallo tra il 2008 e il 2009,
quando a Sesto Calende c’era ancora una amministrazione di
centrosinistra e nel centro del Paese era attiva una struttura adibita a
moschea: “Era un posto molto brutto – spiega l’attuale sindaco del
Carroccio – degradato in termini architettonici e precario in quanto a
sicurezza. Ogni venerdì vi si radunavano 250 persone in meno di 100
metri quadrati, venivano da tutto il Piemonte e da mezza Lombardia”.
Insomma, una situazione esasperante.
Probabilmente Colombo allora ci
aveva visto giusto, visto il successo riscontrato dalla raccolta firme
organizzata allora dalla Lega Nord: 5600 cittadini sestesi (su meno di
11mila residenti) sottoscrissero l’osservazione al nuovo Piano di Governo del Territorio, chiedendo che l’amministrazione non individuasse l’area per l’edificazione di un nuovo luogo di culto
per islamici. “Di fronte alla nostra petizione la maggioranza di
centrosinistra è andata avanti comunque – ha detto Colombo –
predisponendo una convenzione che non venne mai firmata perché le parti
non erano d’accordo sul contenuto”.
Sull’onda del successo della lotta anti-moschea
la Lega vinse le elezioni e Colombo, in uno dei suoi primi atti da
sindaco, dichiarò inagibile la struttura, aprendo un contenzioso con
l’associazione degli islamici. “Il centro storico di Sesto si stava
distruggendo – continua Colombo – La popolazione aveva i nervi tesi.
Ovunque attorno a questo posto stavano sorgendo kebab e c’era sempre
gente strana a bivaccare nel nostro Paese”. L’associazione religiosa si
oppose prima all’ordinanza di inagibilità, perdendo il ricorso, poi al
piano di governo del territorio ed è su questo punto che il Tar ha dato
ragione ai ricorrenti in quanto “ciascun Comune è tenuto ad individuare
nel Piano dei Servizi aree da destinare a servizi religiosi”.
La
sentenza del Tar lombardo, appellandosi all’articolo 19 della Costituzione
(libertà di culto), specifica poi che anche dove si ravvedesse la
necessità di non accogliere le richieste delle comunità attive sul
territorio, devono esserci giustificati motivi. Nello specifico
l’associazione richiedente era in possesso di tutti i requisiti
necessari e i motivi addotti dall’amministrazione leghista non sono
stati ritenuti validi. “Ora – commenta rammaricato il sindaco – dobbiamo per forza individuare un’area, anche se sicuramente faremo ricorso”.
Ma la lotta non è finita: “Il Tar ci impone di fare. Io obbedisco.
Ma su questa cosa sono pronto a dimettermi anche oggi pur di rimandare
il più possibile l’atto”. Il sindaco spiega che farà di tutto per
rispettare la volontà dei cittadini sestesi che ancora oggi, a distanza
di cinque anni dall’accaduto, secondo lui rimangono contrari alla
realizzazione di una moschea: “Se io devo dare questa possibilità ai
musulmani devo garantire un luogo al massimo per una quindicina di
persone, tanti sono i musulmani praticanti a Sesto Calende.
Non posso
rispondere alle esigenze regionali, la verità è che il problema va affrontato altrove, non può essere un piccolo paese di lago
a sobbarcarsi ogni venerdì un’affluenza che nei mesi del ramadan arriva
a 600 persone”. Secondo il sindaco, che rifiuta l’etichetta di leghista
rozzo e ignorante, i cittadini del posto erano e sono spaventati da
queste presenze: “Presi singolarmente sono gente meravigliosa. Ma se ti
trovi 40 uomini che parlano nella loro lingua, magari un po’ trasandati,
con la barba lunga, in tunica bianca, non credo ti facciano stare
tranquillo. Se poi ne vedi 500 ti chiedi cosa stia succedendo e non
riesci a darti una risposta”.
La diffidenza nei confronti
degli islamici, tanto a Varese quanto a Sesto Calende, è più che
giustificata secondo il segretario provinciale leghista Matteo Bianchi:
“Dobbiamo sempre considerare questi posti come un potenziale pericolo,
un possibile luogo di coltura per cellule terroristiche”. E poi
continua: “La libertà di culto deve essere garantita a tutti ma nel
rispetto delle regole sia urbanistiche che di igiene e anche di
sicurezza”. Bianchi ricorda come in passato alcuni luoghi di ritrovo
islamici abbiano preso una deriva preoccupante: “La lega è sempre
chiara, il razzismo non c’entra nulla. Vogliamo solo evitare che si cada
nella dittatura della minoranza”.
Filosofico l’approccio di Giorgio Stabilini,
rappresentante delle comunità islamiche varesine (una platea di circa
20mila fedeli) che non se la prende con chi dimostra diffidenza: “È
normale, posso capire che vedere uomini in tunica e donne con il velo a
qualcuno dia fastidio. Ma siamo nel 2013, viviamo in un mondo che di
differenze non si accorge più. Diamo per normali ragazzini con la cresta
viola, impareranno anche ad accettare un uomo con la barba e la
tunica”. L’amarezza di Stabilini per il caso del centro culturale negato
a Varese è però evidente: “La città è piena di slot machine e a noi
negano uno spazio sociale e culturale, dove
organizziamo corsi, aiutiamo le persone, facciamo integrazione. Secondo
me c’è qualcosa che non funziona. Questo approccio non potrò mai
capirlo”. Stabilini spiega di non volere conflitti: “A cosa servono? So
che se vado allo scontro non faccio nulla di buono. A chi si dimostra
diffidente dico: conosciamoci. Altrimenti sarà il tempo a darci
ragione”.
fonte
Interessante questo blog, peccato che si diano sempre le notizie che fanno più comodo (come in 3/4 delle religioni/partiti politici).
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