Il centro della protesta è qui, tra il marciapiede di via Timavo e piazza Castello. A volte si sposta in direzione Porta Venezia, non di rado ha raggiunto il Duomo, e in qualche occasione si è pure spinto oltre i confini comunali, a Brescia, a Torino, a Bologna, a Sassuolo, davanti al ministero degli Esteri a Roma. Per tornare immancabilmente qui. Un pezzo dei movimenti che agitano le strade egiziane si muove anche in questa città. Anzi, a Milano ha il suo fulcro europeo. «Al punto che l’estate scorsa, durante le proteste più violente in patria, la stampa e la tv di Stato del Cairo si sono concentrate sulle nostre manifestazioni», fa notare Davide Piccardo, che come portavoce del Coordinamento delle associazioni islamiche ha preso parte a quasi tutti i cortei. Non c’è tanta gente in strada. Ieri mattina, nel giorno della prima udienza del processo al presidente deposto Mohammed Morsi, qualche centinaio scarso sotto le finestre del consolato generale d’Egitto in via Timavo, tra Melchiorre Gioia e Zara.
L’altro ieri, alla sfilata di macchine con le bandiere e le immagini di Morsi lungo corso Buenos Aires, l’organizzatore, Ahmed Abdel Aziz, coordinatore del Comitato libertà e giustizia, ha contato 150 vetture. Un po’ di curiosità tra i passanti e chi si è fermato a guardarle attraversare la città, «c’è anche un intento di sensibilizzazione », riconosce Ahmed. Soprattutto, però, l’obiettivo è che il messaggio si propaghi. Poche centinaia di manifestanti, ma in mondovisione. Grazie alla diretta della più vista delle tv satellitari arabe, Al Jazeera, e il marchio di garanzia dell’emittente vicina ai Fratelli musulmani, Hiwar, basata a Londra. «Per la comunità all’estero Milano è strategica», continua Piccardo. Cinquantamila residenti con passaporto egiziano, indica la Fondazione Ismu, in tutta la provincia al primo gennaio del 2012, i più numerosi tra gli stranieri nel Milanese. Una concentrazione considerevole, in Italia come in Europa.
Degli oltre centomila migranti dall’Egitto che si contano (o meglio si stimano) nel Paese, il 70 per cento vive in Lombardia. Ma anche su scala europea, la comunità «italiana» risulta la più numerosa. E vivace. Pochi manifestanti, ma spesso: nei turbolenti mesi estivi ci sono state anche cortei settimanali, addirittura quotidiani. Alternati alle proteste, bisogna sottolineare, degli oppositori di Morsi, che in quegli stessi giorni denunciavano «l’islamizzazione» del Cairo e «l’incompetenza» del governo guidato dai Fratelli musulmani. La repressione sanguinosa dell’esercito ha reso più complicata (forse anche frustrante) la posizione degli anti- Morsi, e rafforzato gli slogan dei sostenitori. Piccardo dice che adesso il Comitato «raggruppa tutte le opposizioni, perché in Egitto in questo momento sono tutti nel mirino del regime, anche i laici». E la spinta per continuare a manifestare è nella «volontà di spiegare che la primavera araba non è finita, il popolo egiziano non si rassegna». E pure a Milano porta avanti la protesta.
Fonte
Nessun commento:
Posta un commento