mercoledì 6 novembre 2013

Il 5 novembre dopo una pausa di tre anni riprendono le trattative sull’entrata dulla Turchia nell’Ue.

Sulla scia delle ultime proteste nel paese, l’Ue richiede serie riforme democratiche. Ed e’ quindi il momento di fare il punto della situazione su queste prospettive, tenendo presenti le ultime dichiarazioni rilasciate alla riunione di Minsk fra i vertici dell’Alto consiglio economico euroasiatico.

Il presidente kazako Nursultan Nazarbaev aveva annunciato che la Turchia era pronta ad aderire all’Unione doganale Russia-Bielorussia-Kazakistan. Un commento del politologo Stanislav Tarasov, del Centro di ricerche mediorientali e caucasiche.

Si tratta di un gioco portato avanti dal Kazakistan: se voi non ammetterete la Turchia nell’Ue e se non saranno ridimensionati i termini del negoziato, possiamo proporre l’alternativa dell’Unione Doganale. E’ uno strumento di pressione su Bruxelles.

Cio’ nonostante, sottolinea l’esperto, e’ poco probabile che la Turchia aderisca all’Ue che sta attraversando un momento difficile dal punto di vista economico, e teme che la precipitosa crescita di popolazione in Turchia potrebbe cambiare il volto demografico del continente.

Gli europei vorrebbero dunque avere in Turchia un membro associato, per evitare che il paese guardi definitivamente ad est. Questa posizione suscita parecchia irritazione in Turchia gia’ alla ricerca di alternative.

Si sottolinea che ormai da cinquant’anni il dialogo con l’Occidente continua dalla posizione di partner minore, nonostante che la Turchia sia una potenza regionale che punta ad una sempre maggiore influenza, coinvolgendo anche i territori storicamente di popolazione turca, come l’Altai e l’Asia Centrale.

Inoltre la Turchia, priva di ricchezze naturali ha costruito un’economia orientata sull’export, ed e’ quindi molto sensibile ad eventuali congiunture economiche sfavorevoli.

Per la crisi economica l’Europa consuma di meno, e l’economia turca registra un notevole rallentamento. Dopo la primavera araba salgono tensioni con l’Egitto e la Libia. La guerra in Siria ha tagliato 10 miliardi di dollari provenienti dal commercio di transito. In Africa la Turchia deve affrontare una sempre maggiore espansione cinese.

In questa situazione e’ naturale che Ankara cerchi nuovi punti di riferimento e voglia integrarsi in un nuovo sistema economico.

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