Gran Mufti saudita: ‘Basta violenze tra musulmani e contro i seguaci di altre religioni’
19/09/2013
L’imam
Sheikh Abdulaziz al-Sheikh condanna gli scontri interni all’islam e
verso gli arabi di altri gruppi confessionali: “Vi invito ad allontanare
l’estremismo. Le conversioni sono spesso utilizzate dagli stessi gruppi
radicali per motivare attacchi ad altre comunità religiose”.
Riyadh (AsiaNews/Agenzie) - "Considerati i pericolosi
sviluppi che stanno interessando il mondo arabo, invito tutti i fedeli
dell'islam a non usare violenza contro gli altri musulmani e contro i non-musulmani
che vivono sotto la loro protezione". Le parole pronunciate il 17 settembre
scorso dal Gran Mufti, Sheikh Abdulaziz al-Sheikh, invitano all'abbandono della
violenza e condannano l'estremismo e l'uso della forza, sia all'interno del
mondo islamico che verso i fedeli di altre religioni.
Il religioso, tra le personalità più autorevoli e influenti
di tutto l'islam sunnita, ha rimarcato inoltre come sia proprio l'estremismo ad
alimentare violenze ingiustificate tra i musulmani, aggiungendo che "lo stesso
principio del tafkir - o apostasia,
una delle massime empietà per un credente islamico - è spesso utilizzato dagli
stessi estremisti per motivare attacchi ad altre comunità religiose".
Il Gran Mufti dell'Arabia Saudita è incaricato di emettere fatwa, ovvero giudizi di carattere
legale o sociale, ha una forte influenza sul sistema giudiziario ed è in
stretto rapporto decisionale con il sovrano. In passato, Sheikh Abdulaziz
al-Sheikh - in carica dal 1999 - si è reso protagonista di affermazioni poco
tolleranti nei confronti dei cristiani: sostenendo l'impossibilità di qualsiasi
riconciliazione - in opposizione a quanto affermato da Benedetto XVI in
occasione della lectio magistralis tenuta
nel 2006 a Ratisbona - e ordinando la distruzione di ogni chiesa della penisola
arabica.
Secondo molti analisti, e come confermato ieri dal patriarca Sako ad AsiaNews, proprio la
recrudescenza delle violenze tra sciiti e sunniti in più Paesi del Medio
oriente va interpretata in parte come una conseguenza della crisi siriana, in
parte come il riflesso di una sfida regionale più ampia tra l'asse
Tehran-Damasco-Hezbollah e le monarchie del Golfo. Negli ultimi mesi, in Libano
e in Iraq, sull'onda del conflitto settario divampato in alcune regioni siriane,
il numero dei morti civili legati alla nuova ondata di violenze è stato il più alto
degli ultimi anni.
In Siria, secondo le ultime stime, sarebbero almeno 50mila i
guerriglieri appartenenti a gruppi estremisti islamici. Circa la metà del
contingente antigovernativo. (AsiaNews)
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