Europa, la battaglia del velo
18/09/2013
"Inghilterra : A processo con il niqab, volto scoperto per
deporre, ed è subito polemica".
Nell'aula del tribunale londinese di Blackfriars, il compromesso architettato dal giudice Peter Murphy riguarda una donna identificata pubblicamente soltanto come "D": una musulmana britannica di 22 anni residente a Londra, imputata di intimidazione di un testimone in un altro procedimento. Il suo avvocato ha fatto presente al magistrato che, in base all'Islam, la donna non può mostrare il volto in pubblico e perciò chiede di indossare il niqab, il velo che lascia scoperti soltanto gli occhi (a differenza del burqa, che copre anche quelli), per tutto il processo. Il giudice ha obiettato che vedere il volto di un imputato mentre depone è un fattore importante per valutarne la credibilità, ma si è anche detto favorevole a rispettare il più possibile "ogni manifestazione di convinzione religiosa".
Dunque come armonizzare l'articolo 9 della Convenzione europea sui diritti umani con l'interesse pubblico a condurre un processo secondo lo stato di diritto? Il giudice ha deciso che la donna doveva mostrare il volto al giudice, agli avvocati dell'accusa e della difesa, e alla giuria, mentre veniva interrogata; ma poteva tranquillamente rimettesi il niqab, in tutte le altre fasi del processo. Inoltre ha vietato ai disegnatori che fanno i ritratti degli imputati, per conto dei giornali (nel Regno Unito fotografi e cameramen non sono ammessi in aula) di ritrarre la donna a volto scoperto. Lo stesso giudice due giorni prima, aveva risolto un altro problema analogo, che coinvolgeva una donna che indossava il Niqab, imputata in un processo, la cui identità è stata verificata da una donna poliziotto, che ha accompagnato la donna in una saletta attigua, dove ha potuto verificarne le generalità della donna, per poi giurare in aula che la donna con il velo era la persona messa sotto processo.
I tabloid della destra xenofoba festeggiano l'obbligo di deporre senza niqab e vogliono di più: il Sun chiede che il velo sia bandito non solo nei processi ma pure nelle scuole, ospedali, aeroporti e banche. Perfino l'ex-ministro degli Esteri laburista Jack Straw, ha chiesto norme più severe contro niqab e il burqa. Il Muslim Council of Britain, l'associazione che rappresenta 2 milioni di islamici britannici, si augura invece un dibattito nazionale sull'argomento si concluda "senza isterismi". E la questione spacca il governo: il premier conservatore David Cameron metterebbe al bando il velo nelle scuole frequentate dalle sue figlie, il vicepremier liberaldemocratico Nick Clegg è contrario "a dire alla gente come deve vestirsi". Commenta un columnist del Times: "Il niqab sarà anche una barriera anti-britannica, ma il divieto di portare il velo sarebbe altrettanto anti-britannico".
Ma la polemica sull'argomento purtroppo non è circoscritta solo all'Inghilterra, ma si estente fino al Canton Ticino, dove recentemente è stata fatta una proposta di legge anti-burqa. Nella pagina della Lega dei Musulmani del Ticino si legge "Se nemmeno gli israeliani vietano il burqa per ragioni di sicurezza, allora bisogna cominciare a riflettere davvero ..."
La Lega dei Musulmani auspica una presa di posizione decisa da parte del Governo ticinese per dire basta a questi continui attacchi alla comunità musulmana, basta alla discriminazione, basta alla strumentalizzazione delle minoranze indifese per motivi elettorali. Chiediamo al Governo di sostenere la convivenza pacifica e la cultura del rispetto. E invita la gente a votare NO il 22 settembre, giornata in cui si voterà per la proposta di legge.
"La Comunità Islamica nel Cantone Ticino invita il popolo ticinese a votare NO all’iniziativa e NO al controprogetto in modo che l’immagine tradizionalmente positiva della Svizzera nel mondo non sarà ulteriormente compromessa. E' la Francia che deve imparare dalla Svizzera e non la Svizzera che deve seguire l'esempio della Francia."
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