Torino inaugura la prima “vera” moschea
04/07/2013
In via Genova, al confine con Moncalieri, dopo anni di ostacoli, Domani la prima preghiera, Sabato la cerimonia con le autorità.
Tre anni di lavori, ostacoli, preoccupazioni. Ma sabato mattina, in via Genova 268 B, ultimi metri di Torino al confine con Moncalieri, tutto questo non conterà più scrive la stampa di torino. Il Centro Culturale Islamico di Moncalieri ce l’ha fatta: ha realizzato il suo progetto, una moderna moschea da offrire ai cittadini musulmani di Torino Sud.
Domani, la prima preghiera. Sabato alle 10, all’inaugurazione di quella che, essendo «affiliata» e riconosciuta dalla Moschea di Roma, diventa la prima «effettiva» di Torino, il presidente Abdelghani El Rhalmi e il portavoce Mohamed El Yandouzi hanno invitato il sindaco, il prefetto, il questore, l’arcivescovo e il cardinale, l’assessore all’Integrazione Ilda Curti, le autorità militari. Saranno presenti l’ambasciatore e il console del Marocco. «E speriamo che arrivino anche i vicini delle case qui intorno: abbiamo stampato dei volantini per invitarli», dice il presidente.
La fotografia
L’edificio, indipendente, con un proprio ingresso autonomo, era nato negli anni 50 come cinema ed era poi stato riconvertito in discoteca. Ha una superficie di 1100 metri quadrati, 300 dei quali, sulla balconata, sono riservati alle donne. «Abbiamo avuto molti ritardi - raccontano El Yandouzi ed El Rhalmi - e anche molte promesse di aiuto dal Marocco che speriamo possano concretizzarsi. Per ora abbiamo stipulato il compromesso con 65 mila euro e paghiamo un canone a riscatto. I lavori fatti hanno un valore di 300 mila euro: molti sono stati realizzati gratuitamente o quasi da artigiani e imprese. L’aiuto lo ha fornito tutta la comunità e anche dei cristiani ci hanno dato una mano. Ma perché la moschea sia della comunità dobbiamo ancora versare 500 mila euro. Speriamo che il nostro Paese sia sensibile».
In progress
Il centro di culto, che con ogni probabilità sarà dedicato al re Mohamed VI, ieri si presentava ancora parzialmente in versione «cantiere», ma un cantiere dove mancavano soltanto gli ultimi ritocchi. I grandi rotoli di tappeto rosso accatastati oggi saranno stesi e copriranno gli 800 metri della sala di preghiera. «Li ha donati un grossista di Porta Palazzo, facendoli arrivare dalla Turchia. I ponteggi per i lavori li ha offerti un imprenditore egiziano. Le piastrelle uno marocchino. E così è andata per molte cose», dice El Yandouzi.
«Dei turisti degli Emirati Arabi hanno offerto ventimila euro con i quali abbiamo pagato il cartongesso dei soffitti. Un amico ci ha regalato il suo computer, un altro un grande televisore al plasma su cui sabato presenteremo la “storia” di questa moschea. Un residente ebreo del quartiere ci ha portato l’orologio che metteremo in ufficio», spiega El Rahlmi. «Piccoli e grandi doni che ci fanno dire che questo luogo è una sorta di miracolo», prosegue Mohamed El Yandouzi. E assicura: «Questa moschea accoglierà corsi di italiano e di arabo per ile donne e per i bambini, si aprirà a incontri di scambio culturale».
Dettagli
La lunga scala con rivestimento in gomma che porta alla sala di preghiera è attrezzata con montascale per i disabili. La sala è luminosa e dotata di molte uscite di sicurezza sul cortile. «I lucernari non c’erano, li abbiamo creati noi e hanno aperture elettriche. I locali sono climatizzati», spiegano i responsabili. Dal Marocco sono arrivate le porte in legno, i lampadari di cristallo, le piastrelle dei muri sotto la supervisione del responsabile delle decorazioni Rachid Belghzali. Ma soprattutto, tutta la moschea è - parole dell’architetto Demetrio Foti che ha seguito i lavori insieme con un collega marocchino - «il locale più a norma d’Italia...».
I controlli
«Ad un certo punto, ho capito che i tecnici del Comune cominciavano a guardarmi con compassione. Ad ogni interpellanza della Lega dovevo correre», ricorda l’architetto. «Ho 35 anni di professione e una quantità di lavori nel pubblico. Non vado mai alle inaugurazioni, ma questa volta l’invito dei miei committenti lo accetterò. Alla fine, per fortuna, se uno ha diritto ha diritto». Ancora Fori: «Abbiamo consolidato la struttura, aggiunto pilastri d’acciaio, coibentato, verificato subito che non ci fosse amianto. Ci hanno mandato controlli di vigili urbani di ogni categoria, vigili del fuoco, Digos. L’Asl-Spresal ci ha visitati più volte. Ogni 5 giorni riceveva fotografie del cantiere fatte da una finestra di un palazzo vicino. Ammetto di essere stato amareggiato qualche volta, ma alla fine mi sono anche divertito».
Lo Staff
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04/07/2013
In via Genova, al confine con Moncalieri, dopo anni di ostacoli, Domani la prima preghiera, Sabato la cerimonia con le autorità.
Tre anni di lavori, ostacoli, preoccupazioni. Ma sabato mattina, in via Genova 268 B, ultimi metri di Torino al confine con Moncalieri, tutto questo non conterà più scrive la stampa di torino. Il Centro Culturale Islamico di Moncalieri ce l’ha fatta: ha realizzato il suo progetto, una moderna moschea da offrire ai cittadini musulmani di Torino Sud.
Domani, la prima preghiera. Sabato alle 10, all’inaugurazione di quella che, essendo «affiliata» e riconosciuta dalla Moschea di Roma, diventa la prima «effettiva» di Torino, il presidente Abdelghani El Rhalmi e il portavoce Mohamed El Yandouzi hanno invitato il sindaco, il prefetto, il questore, l’arcivescovo e il cardinale, l’assessore all’Integrazione Ilda Curti, le autorità militari. Saranno presenti l’ambasciatore e il console del Marocco. «E speriamo che arrivino anche i vicini delle case qui intorno: abbiamo stampato dei volantini per invitarli», dice il presidente.
La fotografia
L’edificio, indipendente, con un proprio ingresso autonomo, era nato negli anni 50 come cinema ed era poi stato riconvertito in discoteca. Ha una superficie di 1100 metri quadrati, 300 dei quali, sulla balconata, sono riservati alle donne. «Abbiamo avuto molti ritardi - raccontano El Yandouzi ed El Rhalmi - e anche molte promesse di aiuto dal Marocco che speriamo possano concretizzarsi. Per ora abbiamo stipulato il compromesso con 65 mila euro e paghiamo un canone a riscatto. I lavori fatti hanno un valore di 300 mila euro: molti sono stati realizzati gratuitamente o quasi da artigiani e imprese. L’aiuto lo ha fornito tutta la comunità e anche dei cristiani ci hanno dato una mano. Ma perché la moschea sia della comunità dobbiamo ancora versare 500 mila euro. Speriamo che il nostro Paese sia sensibile».
In progress
Il centro di culto, che con ogni probabilità sarà dedicato al re Mohamed VI, ieri si presentava ancora parzialmente in versione «cantiere», ma un cantiere dove mancavano soltanto gli ultimi ritocchi. I grandi rotoli di tappeto rosso accatastati oggi saranno stesi e copriranno gli 800 metri della sala di preghiera. «Li ha donati un grossista di Porta Palazzo, facendoli arrivare dalla Turchia. I ponteggi per i lavori li ha offerti un imprenditore egiziano. Le piastrelle uno marocchino. E così è andata per molte cose», dice El Yandouzi.
«Dei turisti degli Emirati Arabi hanno offerto ventimila euro con i quali abbiamo pagato il cartongesso dei soffitti. Un amico ci ha regalato il suo computer, un altro un grande televisore al plasma su cui sabato presenteremo la “storia” di questa moschea. Un residente ebreo del quartiere ci ha portato l’orologio che metteremo in ufficio», spiega El Rahlmi. «Piccoli e grandi doni che ci fanno dire che questo luogo è una sorta di miracolo», prosegue Mohamed El Yandouzi. E assicura: «Questa moschea accoglierà corsi di italiano e di arabo per ile donne e per i bambini, si aprirà a incontri di scambio culturale».
Dettagli
La lunga scala con rivestimento in gomma che porta alla sala di preghiera è attrezzata con montascale per i disabili. La sala è luminosa e dotata di molte uscite di sicurezza sul cortile. «I lucernari non c’erano, li abbiamo creati noi e hanno aperture elettriche. I locali sono climatizzati», spiegano i responsabili. Dal Marocco sono arrivate le porte in legno, i lampadari di cristallo, le piastrelle dei muri sotto la supervisione del responsabile delle decorazioni Rachid Belghzali. Ma soprattutto, tutta la moschea è - parole dell’architetto Demetrio Foti che ha seguito i lavori insieme con un collega marocchino - «il locale più a norma d’Italia...».
I controlli
«Ad un certo punto, ho capito che i tecnici del Comune cominciavano a guardarmi con compassione. Ad ogni interpellanza della Lega dovevo correre», ricorda l’architetto. «Ho 35 anni di professione e una quantità di lavori nel pubblico. Non vado mai alle inaugurazioni, ma questa volta l’invito dei miei committenti lo accetterò. Alla fine, per fortuna, se uno ha diritto ha diritto». Ancora Fori: «Abbiamo consolidato la struttura, aggiunto pilastri d’acciaio, coibentato, verificato subito che non ci fosse amianto. Ci hanno mandato controlli di vigili urbani di ogni categoria, vigili del fuoco, Digos. L’Asl-Spresal ci ha visitati più volte. Ogni 5 giorni riceveva fotografie del cantiere fatte da una finestra di un palazzo vicino. Ammetto di essere stato amareggiato qualche volta, ma alla fine mi sono anche divertito».
Lo Staff
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